mercoledì 16 dicembre 2009

Secondo me non è cosa per la prosa, mi si passi il gioco di parole...Sono troppo pigrooooo!
Ecco invece una poesia per la mia nuova "fiamma" (già spenta, a quanto pare), Valeria P.
P.S. Quanto mi rilassa questa musica New Age!!!

FIDUCIA

Vorrei che piovesse a catinelle
Per dimostrarti che il mio giubbino
Di cachemire, che mi è costato così tanto,
non resterà sulle mie spalle.

Vorrei dimostrarmi che riuscirei a tener
Cara anche una persona reale e non solo
Un Ideale, che riuscirei ad essere amante
Anche della mia fidanzata.

Purtroppo non pioverà mai su noi insieme,
nè sui tuoi occhi che splendono neri
io potrò posare la carezza d’un lembo di tessuto.

Non sarò con te nei tuoi momenti importanti,
nè in quelli divertenti nè in quelli dolorosi:

tanto ami la tua Indipendenza.

domenica 13 dicembre 2009

Ieri ho iniziato un racconto e penso di provare a ripercorrere ancora le vie della prosa già tante volte cominciate e poi abbandonate...Nel frattempo, posto questo racconto che ho scritto quasi due anni fa (!). Spero che lo gradiate.

DECISIONI




Da quando mi sono licenziato, mio padre è incazzatissimo. Non vuole avere su di sé l’intero peso della famiglia, evidentemente, preferisce giocarsi tutti i soldi dello stipendio ai cavalli e fumarseli in sigarette Merit.
Io però non potevo reggere ancora quel fottuto lavoro massacrante di schiavo colorista tuttofare, su e giù per la provincia di Napoli a caricare e scaricare latte di diluente da dieci chili o poco meno, a guidare ore e ore (io che odio la macchina), a preparare mille vernici diverse e stare attento a non sgarrare nemmeno di un grammo. Io sono un erudito, che cazzo ci facevo lì, nello sporco e nella vernice e in mezzo ai cuozzi? Preferisco morirmi di fame, sbattere a destra e sinistra per trovare i soldi per il biglietto del pullman o per comprare un testo universitario, ma fare quello che mi piace, ovvero studiare a casa o in biblioteca e frequentare il mio fottuto laboratorio letterario. Non voglio perdere tutta la salute ed avere un mucchio di soldi che spenderei in stronzate che non mi interessano. Dopotutto Foscolo era fiero della sua povertà, dicono: ebbene, sarò come Foscolo. Poi lui andò a Londra a morirsi di fame. Ebbene andrò anch’io a Londra quest’ estate, non con un poeta greco come fece lui, ma col mio collega di facoltà Francesco Odore che suona il clarinetto e che vuole andare a Londra perché non c’è mai stato e, dice lui “ non si può vivere senza aver visto una grande città come Londra”. Bisogna trovare i soldi, certo, visto che di quello che ho guadagnato in questi tre quattro mesi non m’è rimasto quasi niente.
Almeno per i primi tempi ci servirà un sostegno economico, finchè non troviamo un lavoretto. Ce li avrei pure, i soldi del rimborso Erasmus, ma vorrei farmi una vacanzina in Marzo per staccare la spina da questa città del cazzo dove tutto è sporco e lurido ( e non lo dico perché ci vivo, ma perché E’ COSI’), dimenticarla per un po’, pensare che non esista e non sia mai esistito sulla Terra un posto tanto lurido e squallido come Napoli.
Napoli…So benissimo cosa evoca questo nome in un forestiero, evoca un paradiso di Sole e mare, di allegria e spensieratezza, non è vero lettori?
Beh, non è così, non è affatto così.
Napoli è una metropoli che non ha nulla da invidiare, in quanto a marciume, ai più squallidi sobborghi di New York o Los Angeles o Nuova Delhi, non ha, a parte il quartiere del Vomero, una zona pulita, si potrebbe dire che ovunque ci si trovi è periferia, le persone che ci abitano vivono nell’abbrutimento fisico e intellettivo, la criminalità è ovunque e non puoi camminare per strada senza aver paura di essere colpito con un pugno o peggio da una pallottola vagante. Ecco, questo è il clima di Napoli, si vive come se si fosse sempre sotto la minaccia di una pallottola vagante, sbucata non si sa come e sparata non si sa da chi, magari da uno dei tanti camorristi. “Un Paradiso abitato da Diavoli” lo chiamò una volta il comunque Benedetto Croce. Noi, le poche persone perbene e istruite che ci troviamo sciaguratamente a vivere in mezzo a questo deserto di valori semplicemente perché veniamo da famiglie ignoranti che si trovano a loro agio in mezzo al marciume, non ci sentiamo napoletani, ci sentiamo comunque o purtroppo napoletani.
Intanto è qui che vivo, e fin quando non mi laureo, c’è poco da ridire e pontificare: sono inchiodato qua, che io voglia o no, anche per la cronica mancanza di soldi. Gli studi procedono con lentezza, non solo per colpa mia, ma anche per la tempistica della laurea che mi ha costretto a posticipare il tutto a Luglio, nonostante mi manchino soltanto tre esami. Colpa anche mia, semmai, che a Ottobre mi mise a scioperare insieme con gli altri fancazzisti dell’università contro la riforma Gelmini. Io non mi opponevo solo a quello, ma anche e soprattutto alla mia università attuale, la Federico II, fatiscente e sporca come la città in cui è locata. Speravo davvero che potesse cambiare qualcosa, potesse cambiare l’università e da lì la mia città e vivere finalmente in un posto civile, un posto normale, non un posto difficile.
Mi affascinavano le parole gridate con furore da Eleonora Fortis, la capogruppo del collettivo Filosofia, che innanzi a noi seduti per terra nel cortile di Lettere diceva: “Vogliamo l’apertura delle aule studio fino alle venti, vogliamo una mensa funzionante, vogliamo locali puliti!” Capisco che ero un po’ ingenuo, ma quello che sentivo mi affascinava perché le cose che elencava Eleonora erano tutto quello che avevo sempre desiderato, e che per trovare avevo addirittura dovuto cambiare Paese, in Grecia, per soli quattro mesi.
Era davvero tanto chiedere un posto pulito dove studiare, silenzioso, con una mensa e che non ti sbattesse fuori a calci in culo alle sei del pomeriggio?
Uno studente è una cosa delicata, nessuno lo vuol capire, e se lo sbatti fuori alle sei del pomeriggio, magari mentre sta studiando o seguendo corsi da ore, potrebbe anche sentirsi spaesato, di sicuro si sente rifiutato, come se gli fosse stato negato il diritto di vivere l’università a trecentosessanta gradi, ed essere costretto a relegarla come una cosa in più, quasi un hobby, nella sua vita.
Studiare, studiare, per che cosa poi? Per avere tra le mani un pezzo di carta che non ti consentirà di trovare lavoro, in questo fottuto Paese che è l’Italia, celebrata da poeti e pittori, ma mandata allo scatafascio da politici ladri e ignoranti. Per questo motivo molti vanno all’ estero e anch’io voglio farlo, andare dove ti pagano di più e il tuo lavoro è finalmente apprezzato: infatti, perché rimanere? Solo gli stupidi rimangono, quelli che ormai si sono talmente adattati alla piattezza culturale di questo Mezzogiorno da essere diventati parti integranti di essa, persone che si troverebbero male in qualsiasi paese civile proprio come una persona civile si trova male a Napoli.
Adesso sto preparando Storia dello Spettacolo Musicale, sulla Lucia di Lammermoor, ma non ho voglia di studiare quella roba e preferisco star qui a buttar giù roba che esce dalla mia testa, come diceva Calvino, uno scrittore molto amato, insieme a Raymond Queneau, da una mia amica di università, Laura Scotti.
Di questa Laura mette conto parlarne perché, a sua insaputa, divenne molto importante per me: io la conobbi al tempo del tirocinio in biblioteca, un odioso servizio gratuito che ci obbligavano a fare a noi studenti per conseguire la laurea, e beh, ragazzi, questa tipa non rideva mai. Tanto che pensavo fosse molto più grande di me, dato che la serietà è indice d’intelligenza e maturità: le prestai anche il mio quaderno di appunti poiché me l’aveva chiesto per alcuni appunti del corso di Maffei che lei non aveva seguito perché in Erasmus, poi la incontrai un paio di volte in treno che lei prendeva a Bagnoli. E in una di quelle volte mi confessò che non vedeva l’ora di finire la triennale ed andarsene.
“Ma perché?” Le feci io incredulo ( a quel tempo ero un assiduo frequentatore di una banda di fancazzisti che aveva preso base stabile nelle aule studio di Lettere e che mi aveva gettato in una specie di trance depressiva).
“Perché ODIO NAPOLI!” sbottò lei con decisione.
Beh, Laura, tu non lo sai, ma quell’ “Odio Napoli!” mi è risuonato nelle orecchie sempre da quando sono tornato dall’ Erasmus, ogniqualvolta calpestavo qualche sporca pietra di questa città, ogni volta che ne vedevo gli edifici in rovina o la gente sguaiata, ogni volta che venivo insultato per la mia abitudine di camminare da solo, ogni volta che ne constatavo l’ eterna inefficienza dei suoi servizi, ogni volta che al telegiornale ne sentivo elencare le stragi, persino se mi fermavo un attimo per strada dovevo odiarla perché un napoletano su un motorino m’ingiungeva di spostare una macchina che secondo lui era mia perché sostavo lì vicino, altrimenti mi avrebbe “sparato addosso”.
Tu queste cose non le sai Laura, e magari non sai che questo racconto in un certo senso è dedicato a te, e che sono mesi, da quando ho finalmente aperto gli occhi sulla Vita, che ripenso a te e ti tengo presente nella mia mente come l’unica ragazza intelligente che abbia mai conosciuto.
Ma tu dovevi partire, e anch’io dovevo farlo, per cui non ti volli nemmeno dare il contatto msn nonostante tu con una scusa me lo chiedesti, ma soprattutto per il timore di perdere la testa per te e con essa la mia indipendenza e solitudine artistica. Perché io mica posso rassegnarmi ad essere felice, voglio star qua solo e rompere le palle a tutti col mio nobile orgoglio di genio che sprezza tutto e tutti. Un genio non si mischia alla folla, un genio non si fidanza, un genio scopa e poi si alza dal letto disgustato dalla vuotezza del rapporto che ha appena avuto, proprio come feci io colla mia ex greca, Anna di Kaloxori, che mi scopai senza nemmeno venirle dentro, senza darle nemmeno uno, dei mille baci che le diedi, con amore, senza darle mai un segno d’affetto ma trattandola sempre come una pezza da piedi. Non è forse questoo che loro, le ragazze, hanno sempre fatto con me? Anzi, hanno sempre fatto di peggio, mi hanno sempre illuso con la loro finta dolcezza, per poi sbattermi in faccia la verità che preferivano farsi i tamarri. E quando vedi la tua principessa slinguarsi con un kuozzo com’è capitato a me, beh, oltre che ad essere un brutto colpo, capisci poi che le cose nella vita vanno un po’ una merda. Voglio dire, si comincia da questo e si va a finire coi bambini che si muoiono di fame in Africa: per me è tutto collegato, non ci sono cose che fanno schifo di primo livello e di ultimo livello, se una cosa fa schifo, fa oggettivamente schifo, in tutti i possibili sensi.

sabato 12 dicembre 2009

Posto una nuova versione dello stesso tema, in una poesia che giudico un pochettino più "elaborata"...

SPERANZA E DESIDERIO

Una gonna bleu per accogliere degnamente
Il tuo ragazzo nella tua completa maestà;

trucco e sorrisi sul tuo viso per passeggiarci accanto
tenendogli la mano nella notte serena.

Per me, invece, abiti dismessi e cera mattuttina sempre:
quando anche per me vorrà esser bella una donna?